Susan Sontag credeva che la capacità di parlare bene, di articolare i pensieri in modo chiaro e convincente, non fosse qualcosa di innato o naturale, ma piuttosto un prodotto di isolamento.
In una società dominata dalla vita comune, sia in famiglie, gruppi o ambienti comuni, le persone spesso ricorrono a forme più semplici di espressione.
Secondo Sontag, era nella solitudine e nella separazione dalla folla che una persona poteva veramente coltivare l’eloquenza, poiché in questi momenti di isolamento gli individui potevano confrontarsi profondamente con i propri pensieri ed esprimerli con chiarezza.
Per Sontag, l’eloquenza era il segno di una mente sviluppata e introspettiva che non aveva paura di sfidare lo status quo. L’“individualità dolorosa” a cui lei faceva riferimento indicava il costo esistenziale della solitudine, ma anche la libertà creativa che essa concedeva.
È attraverso la solitudine che si poteva sperimentare una forma più autentica di espressione di sé, non modellata dalle aspettative o dalle norme della società, ma nata dal dialogo interiore dell’individuo.
Ha completamente ragione in assoluto, ma ragione non basta, serve anche il segno davanti in negativo o in positivo. Il discorso di Sontag è il miglior giustificazione per lo stato di solitudine e miserabilità. E non solo giustificazione, ma un status elitario invidiato per sentirsi superiori a carico della propria miseria e solitudine.