Qesh mirë kush qesh i fundit

Il titolo del libro “Il giro del giorno in ottanta mondi” rimanda a Jules Verne, che Cortàzar definisce scherzosamente il suo omonimo, e insieme dichiara le intenzioni dell’autore: «Un viaggio intorno al mondo, come quello di Phileas Fogg, ma senza muovermi dalla mia scrivania. Un libro pazzo, da fuori di testa, fatto di ritagli e avanzi, come un grande collage».

La traduzione mi affascina come lavoro paraletterario o letterario di secondo grado. Quando si traduce, vale a dire, quando non si ha la responsabilità del contenuto dell’originale, il problema non sono le idee perché quelle le ha già messe l’autore; basta trasferirle e a quel punto i valori formali e quelli ritmici che si sentono pulsare nell’originale passano in primo piano - Julio Cortasar

Hajde Njoni:
Il passo per la traduzione è perfetto per descrivere un epoca formalista estetica contentissima che mancano le idee originali, anzi le idee originali devono mancare per forza in modo che tutte l’energie intellettuali si spendono per il contesto, non per il Testo. Ancor meglio che il Testo non esiste affatto, invece del Testo deve esistere il Vuoto circondato da rifiuti estetici e giochi di saltimbanchi come in questo caso che il saltimbanco ha vestito a rovescio la giacca del suo omonimo Julio Verne.
Il postmoderno nuk ka brirë.

Hajde Eneky Tjetri: