Non ho proprio niente da dire, ma voglio dirlo lo stesso - 8 1/2
Felini i Riminit
Bardhi i Mynihut
Ardi i Nju Jorkut
Dashi i Lilës
Çimi i Vjenës
Pjeri i Brukselit
Hajdari i Frosinones
Dritëroi i Devollit
Ypi i Kolonjës
Moli i Parisit
Nga e thëna, në të bërë, ështe në mes një proçesi fiziologjik i tërë - populli
Muti duhet bërë pa tjetër, ndryshe rrezikohet shëndeti, prandaj edhe diareja e demokracisë kristiane, që nuk ka asgjë për të thënë, pasoi në mënyrë fatale kapsllëkun e tiranisë fashistekomuniste, që kishte aq shumë për të thënë.
Intelektuali i modh, o dhitet, o vdes!
i Modhi i Peshkut
Sii innamorato. Scrivi fino a esaurimento. Guarda il mondo. Ascolta musica e guarda la pittura. Non perdere tempo. Leggilo e leggilo. Non cercare di spiegarti. Senti per il tuo piacere. Stai zitto.
(Ernest Hemingway)
-E in più per controbilanciare sparate a qualcuno che si vede in giro, leone, elefante o l’uomo sia.
(Aina Qi)
il 2 giugno 1950, Hemingway, l’autore di “Per chi suona la campana” torna a evocare la sua esperienza di guerra in una lettera ad Arthur Mizener, docente di letteratura alla Cornell University. È la corrispondenza dove tira il macabro bilancio della sua passione omicida: «Ho fatto i calcoli con molta cura e posso dire con precisione di averne uccisi 122». Uno di questi tedeschi, prosegue Hemingway, «era un giovane soldato che stava tentando di fuggire in bicicletta e che aveva all’incirca l’età di mio figlio Patrick». Questi era nato nel 1928, quindi la vittima doveva avere 16 o 17 anni. A Mizener, lo scrittore spiega di avergli «sparato alle spalle, con un M1». La pallottola, calibro 30, lo aveva colpito al fegato.
«Mi piace sparare con un fucile, mi piace uccidere e l’Africa è il posto dove farlo», scrive nella primavera 1933 a Janet Flanner. Parlava sicuramente di animali, quelli abbattuti durante il safari di due mesi nello stesso anno, che poi avrebbe immortalato in Verdi colline d’Africa.
Ma più di ogni altro, si può ricordare l’attacco di un articolo a firma Ernest Hemingway apparso su Esquire nell’aprile 1936: «Certamente nessuna caccia è paragonabile alla caccia all’uomo e chi abbia cacciato uomini armati abbastanza a lungo e con piacere, dopo non si è mai interessato di null’altro».