È una domanda che filosofi, scienziati e devoti si pongono fin dall’alba dei tempi: dopo la morte esiste l’aldilà?
Mi chiedo in che modo avendo anche la certezza di un aldilà dovrebbe cambiare la mia operatività in questo mondo. Io credo che non influirebbe. Avere anzi un perimetro che sarebbe il tempo entro il quale si svolge la mia vita mi rende più serena.
La certezza di un aldilà ha cambiato l’operato dei santi e dei martiri, che non sarebbero stati chiamati tali in questa vita senza la fede in un aldilà.
Non è così, in Efesini 2,8-10, 8 si scrive: “Voi infatti siete stati salvati per grazia, mediante la fede, e ciò non viene da voi, è il dono di Dio, non per opere, perché nessuno se ne vanti”.
E come si fa a salvarsi senza opere di carità, testimonianza, ecc.? In questo modo, la religione finirebbe per giustificare ogni comportamento criminale e perverso.
No. Se uno crede lo si vede dalle opere. Che però sono effetto della grazia di Dio. Per questo motivo sarebbe sbagliato dire che uno compie opere di bene solo per avere un premio nell’aldilà.
E per estensione possiamo anche dire che per chi orienta la sua vita al bene e alla giustizia non sia nemmeno tanto importante che abbia un’idea di Dio perché le due idee di bene e giustizia e Dio sono nella loro sostanza uguali.
Un Dio con personalità non è uguale a un’idea. La salvezza tramite le opere è un concetto cattolico, mentre la salvezza per grazia di Dio è un concetto protestante.
La Bibbia è piuttosto chiara nell’affermare che le nostre opere non ci fanno guadagnare la salvezza. Veniamo salvati “non per mezzo di opere giuste che noi avessimo fatto” (Tito 3:5). “Non per opere” (Efesini 2:9). “Non c’è alcun giusto, neppure uno” (Romani 3:10). Questo significa che offrire sacrifici, obbedire ai comandamenti, andare in chiesa, essere battezzati ed altre buone opere, sono incapaci di salvare. Non importa quanto siamo “buoni”, non possiamo mai raggiungere lo standard di santità dato da Dio (Romani 3:23; Matteo 19:17; Isaia 64:6).
Nella Bibbia trovi tutto, e ognuno vi trova ciò che desidera o che gli interessa. Non a caso esistono più di trecento denominazioni cristiane, ciascuna delle quali sostiene che la Bibbia confermi la verità del proprio credo. Perfino gli atei trovano nella Bibbia giustificazioni per i loro comportamenti e per gli errori dei credenti.
La nostra cultura occidentale nasce dal matrimonio di due città: Atene e Gerusalemme, la filosofia greca e la religione ebraico-cristiana. E il filo che lega tutta la bibbia è l’alleanza di Dio con Israele, che non è naturalmente solo il popolo ebraico, ma tutto il popolo che va verso Dio. In ogni caso non voglio convertire nessuno, perché io stessa non sono credente in senso confessionale. È solo quello che ho studiato. Ma dire che i cristiani si salvano con le opere è sbagliato dal punto di vista cattolico. Per quanto riguarda invece il calvinismo, l’uomo nasce o beato o dannato. Ma non lo sa. E allora cerca attraverso la sua operosità di riconoscere i segni della grazia divina nel suo successo sul lavoro. Di fatto però non può cambiare la sua sorte, perché è un predestinato.
Il problema è che la salvezza tramite le opere e la salvezza per grazia divina sono entrambe mezze verità, che risultano peggiori di una falsità completa. Le discussioni su questi temi, compresa la nostra, sono spesso inconcludenti e passano da una posizione all’altra senza rendersene conto, come pugili che cambiano posizione sul ring. La struttura della realtà è bipolare, e queste mezze verità formano la Verità unica solo se sono complementari. Se, invece, entrano in conflitto, lottando su un ring intellettuale, producono una falsità criminale che riflette il comportamento ordinario di oggi. Ti ricordo la discussione di qualche giorno fa tra il continuo e il discontinuo, il limitato e l’illimitato. In essenza, è la stessa discussione che abbiamo oggi, e non porta mai a una conclusione: nel migliore dei casi è un passatempo; nel peggiore, basta guardarsi attorno per vedere che si combatte ovunque per la verità. L’esempio più banale è la lotta tra destra e sinistra, dove la destra si identifica con la grazia divina illimitata e la sinistra con le opere limitate.
Non è così. Sono una persona mite. E se a te piace pensare nel modo in cui pensi nulla quaestio.
Non ha alcuna importanza come sei tu e come sono io; non personalizzare una questione che è generale. È tutto il sistema a funzionare in questo modo, e ne fanno parte tutti: i miti e gli aspri, i bugiardi e i sinceri.
Capisco. Se la tua visione del mondo è questa non la posso cambiare. A me piace discutere di tutto, ma solo se anche l’altro si diverte a farlo.
Continui a personalizzare il discorso. Il sistema si regge sul divertimento: si divertono tutti coloro che hanno il lusso di discutere su tutto, compresa la relatività dei valori. Soprattutto nei paesi ricchi, il divertimento è diventato uno stile di vita. Tuttavia, il divertimento ha un costo: i paesi poveri e impotenti pagano costantemente, mentre i paesi ricchi pagano un prezzo molto alto sotto forma di interessi sui debiti accumulati e, di tanto in tanto, quando scoppiano guerre mondiali. La guerra è la discussione sui valori con altri mezzi.
Come si fa a non partire da noi stessi? È solo della nostra vita che possiamo disporre e come sappiamo non completamente perché siamo esseri finiti e a tempo. Intanto però come dice il detto sii il cambiamento che vorresti vedere nel mondo.
Come si fa a non partire dal bipolarismo dialettico soggetto-oggetto o dalla struttura duale della creazione, yin-yang? Come si fa a divertirsi all’infinito discutendo su continuo e discontinuo, opere e grazia, senza rendersi conto che, in essenza, si sta dibattendo sempre la stessa questione? Come si fa che, anche quando ti viene dimostrata chiaramente l’essenza del divertimento umano, si insista ancora a discutere sulla priorità dell’individuo o della società, in sostanza, la questione dell’uovo o della gallina?