Dovunque vada, lo stesso senso di non appartenenza, di gioco inutile e idiota, di menzogna, non negli altri, ma in me: fingo di interessarmi a cose di cui non m’importa niente, recito costantemente un ruolo per ignavia o per salvare le apparenze; ma non partecipo: ciò che mi sta a cuore è altrove. Proiettato fuori dal paradiso, dove potrei trovare il mio posto, una casa? Deluso, mille volte deluso. C’è in me qualcosa come un osanna folgorato, inni ridotti in polvere, un’esplosione di rimpianti - Emile Cioran, Quaderni
Per tutta la vita ho vissuto con la sensazione di essere stato allontanato dal mio vero luogo. Se l’espressione “esilio metafisico” non avesse alcun senso, la mia sola esistenza gliene fornirebbe uno - Emile Cioran, L’inconveniente di essere nati
Mi sento distaccato da qualsiasi paese, da qualsiasi gruppo. Sono un apolide metafisico, un po’ come quegli stoici della fine dell’Impero romano che si sentivano ‘cittadini del mondo’, il che è come dire che non erano cittadini di nessun luogo - Emile Cioran, Un apolide metafisico
Gli scrittori postmoderni non fanno altro che misurarsi con Gesù e Ulisse, realizzando solo caricature nelle loro opere e nella vita.
Visto dalla psicanalisi Emile sembra non aver mai raggiunto la piena evoluzione del Sé che appare fermo ad uno stadio precoce per cui è costretto a guardare la propria esistenza da uno step inferiore rispetto alla media. Non individua una meta, uno scopo, una progettualità che invece caratterizza un io più evoluto. Anche l’evidente anedonismo rientra in questa sua personalissima peculiarità.
È vero quel che dici, ma lo status di uno non raggiunto la piena evoluzione del Sé inferiore alla media, può essere un status di un fallimento, In questo senso, egli ha raggiunto l’apice dell’evoluzione del Sé, ma per una ragione o un’altra crolla e va alla deriva nella valle inferiore di Se che non c’è, e se c’è, c’è, se non c’è, non c’è, e scrive libri di Se che non c’è. E come per dire ritorna bambino. Infatti il vero valore di Cioran è la testimonianza del fallito postmoderno e del fallimento postmoderno (o del dopoguerra). Per questa ragione lui lo merita il titolo “il poeta del decomposizione dell’Europa” (o qualcosa di simile, cito a memoria).
Giusto, per certi versi ricorda Giacomo Leopardi, l’esaltazione della sconfitta fino a farne uno stile letterario.
Perfetto come analogia. La differenza tra Cioran e Leopardi è che, mentre Leopardi era un presentimento di un possibile fallimento, Cioran è la constatazione del fallimento già avvenuto. E non è una differenza da poco; per questa ragione, Cioran disturba più di Leopardi, tocca il fondo dell’inferno e del dolore. Poi “l’esaltazione della sconfitta fino a farne uno stile letterario” è il moto di ogni scrittore postmoderno. Esaltazione della sconfitta fa capo a Gesù vittorioso, proprio perché sconfitto nella crocce.