Qesh mirë kush qesh i fundit

Avrò diciotto anni fino alla morte - Haruki Murakami

Finalmente uno bravo che non si vergogna di dire la verità che il grande intellettuale non arriva andare oltre adolescenza.

Parlare male per il proprio paese è un standard planetario. Dovunque, in ogni nazione si sentono le stesse lamentele contro i connazionali e il proprio paese, è come un orgoglio nazionale a rovescio. Lo stesso orgoglio perverso l’hanno anche gli individui quando dicono: “sai, io sono molto cattivo, io”.

Noi siamo composti da storie, e non ci sono storie belle o brutte. Però hanno dei colori: possono essere tristi, disperate, allegre. Quello che bisogna evitare sono le storie noiose - Ezio Bosso

Va bene anche se sono storie criminali, basta che non sono noiose e che non succedono a noi, ma succedono agli altri; noi si divertiamo come i spettatori romani che guardavano i gladiatori morenti dalle scale di Colosseo.

Chi comprende questo contenuto occupa una posizione nobile nella società, sono fiera di non far parte della massa.

Il problema è che oramai tutta la massa pensa che è nobile, non non fa parte della massa e ne è felice.

Il soffrire passa. L’aver sofferto no passa mai - Dostoevskij, Umiliati e offesi

Per questa ragione si sente sempre in giro “fascisti, fascisti” anche se son passati 80 anni dal Piazza Loreto, e nei paesi dell’Est si sente “comunisti, comunisti” dopo 30 anni dalla caduta del Muro.

Il grande artista intellettuale per definizione è enormemente egocentrico e narcisista, dunque non ce amicizia tra artisti, ci sono solo interessi per stare insieme e litigarsi se vengono fuori conflitti d’interessi. I grandi intellettuali e artisti da sempre e dovunque sono organizzati in bande di mafiosi.

Giudizio estetico e morale sono cose distinte: se dovessimo apprezzare solo scrittori e, in genere, artisti che siano anche “honnête hommes” ci dovremmo privare, per citare i primi che mi vengono in mente, di Caravaggio o di Cellini, plurimi omicidi, o di Van Gogh, che tentò di accoltellare Gauguin, e magari Shiele sospetto di pedofilia, per non citare Verlaine etc.

Ma non hai il minimo dubbio che la divisione dell’autore dalla sua opera può essere un operazione, oltre che artificiale, anche con intenzioni di giustificare il comportamento perverso nell’attività artistica?

No, semmai una forma particolare di senso di colpa, che mi pare però assolutamente “umana”; ciò nondimeno in me il godimento estetico prevale sempre su altre considerazioni. Ogni opera d’arte che merita mi possa ben piacere, ferma naturalmente restando la totale esecrazione nei confronti del loro autore.

Va bene, ma hai il minimo dubbio che dal Romanticismo esiste il credo iniziatico artistico che per essere un artista devi essere per definizione un perverso? E che nel Moderno il credo in questione è una pratica con un programma tecnologico?

Per entrambe le tue domande la mia risposta è no.

Tu pensi che aspetto un si? Tu sei risposto già da se come tutto il popolo popolo postmoderno che mangia, beve, sessa e si diverte esteticamente. Ogni tanto a qualcuno succede una disgrazia e comincia a pensare sul probabilità del si, ma chi se ne frega, deve pagare uno che si divertono gli altri. Il problema comincia quando paga la maggioranza come a Gaza e Ucraina.

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Joyce e Wittgenstein (l’ho letto in alcune note biografiche su di loro) amavano in modo particolare Tolstoj, e soprattutto il breve racconto ‘Quanta terra occorre a un uomo?’.
Questo racconto fu scritto nel 1885 e pubblicato nel 1886. Narra la vicenda di Pachòm, un contadino che, ossessionato dal desiderio di acquistare una quantità sempre più grande di terra da coltivare, alla fine avrà bisogno soltanto di tre aršin di terra, lo spazio occupato per la sua sepoltura.
James Joyce definì questo racconto in una lettera alla propria figlia “la più grande storia che la letteratura mondiale conosca”.
Racconta Rush Rhees: "Wittgenstein mi raccomandò Tolstoj, e m’incoraggiò a leggere i ‘Ventitré racconti’; quando ne acquistai una copia, sottolineò quelli che riteneva più importanti: ‘Ciò di cui vive l’uomo’, ‘Due vecchi’, ‘Tre eremiti’ e ‘Di quanta terra ha bisogno un uomo?’ ‘Qui c’è l’essenza del cristianesimo!’, aveva dichiarato - Emil Cioran

Cosi va il mondo, i contadini hanno bisogno tre aršin di terra, i grandi scrittori hanno bisogno di tre aršin di mensole della biblioteca. Qui c’è l’essenza del cristianesimo e della vita umana.

Siamo tutti immersi nel fango, ma alcuni di noi guardano le stelle - Oscar Wilde, Il ventaglio di Lady Windermere.

… alcuni di noi guardano le stelle pensando: “Come facciamo di smerdare anche le stelle?”.

il dossier della polizia secreta, specialmente totalitarista, sono le più grandi opere letterarie, non lette, impossibile a leggerli, e non riconosciute tali, anzi disprezzati.

Voglio un consiglio per qualche libro che parli dei manicomi che racconti realmente le condizioni dei ricoverati?

Qualsiasi, libro, ogni libro racconta il manicomio che è il mondo.

Il romanzo “Il maestro e Margherita” la metà dell’umanità lo classifica come “un libro illeggibile”, l’altra metà lo classifica come “uno dei più bei libri che abbia mai letto”; la somma risulta essere "lo stato schizofrenico dell’umanità che vuole per epitaffio tombale: “contraddisse e si contraddisse”.

Che l’umanità in genere sarà mai in grado di fare a meno dei Paradisi Artificiali, sembra molto improbabile. La maggior parte degli uomini e delle donne conduce una vita, nella peggiore delle ipotesi così penosa, nella migliore così monotona, povera e limitata, che il desiderio di evadere, la smania di trascendere se stessi, sia pure per qualche momento, è, ed è stato sempre, uno dei principali bisogni dell’anima - Aldous Huxley, Le porte della percezione. Paradiso e Inferno

I paradisi artificiali, cioè le droghe, le arti, le religioni, le filosofie, non offrono una visione diversa e più intensa del mondo, ma offrono una surrogato dei paradisi naturali.

Ngjarjet e fundit intelektuale shqiptare treguan përsëri se intelektuali i modh, që historikisht në Shqipëri në shumicën e rasteve është edhe linguist i madh, dmth llapist i modh, të çon në njëqind çezme e nuk të jep ujë dhe të lë kopilin në derë, pra ndër veti ka veti të kurvës dhe të kurvit bashkë, është hermafrodit, alias Androgjini primordial. Në thelb nuk është ndryshe intelektuali i modh jasht shtetit, brënda shtetit tregon më qartë se çfar ndodh jasht shtetit, shqiptaria intelektuale nxjerr në pah ndërkombëtarinë intelektuale.

Non si può vivere senza amore, e chi non sa amare è un miserabile - Fëdor Dostoevskij, Il sogno dello zio

L’uomo è un miserabile perché non sa amare.

La vita è un bruciare di domande - Antonin Artaud

La vita è un bruciare di domande con il fumo delle risposte sopra il cenere della demenza.

Perché mi ostino a definirmi “filosofo” benché né i filosofi mi vogliono né io voglio loro? Perché in questa disciplina, nella sua venerata regola, entrai fanciullo e mai venne meno la mia fedeltà. Per più di cinquant’anni l’ho studiata non distratto da altro. Ne ho carpito segreti e reticenze, ho visto esaltazioni e declini, eccessi e dimenticanze. Filosofi sull’altare e poi scagliati giù. Ho assistito al loro regno, e al dominio delle loro idee, e l’ho studiato più che quello di duci e condottieri. Ho avuto amori duraturi, ho imitato modelli (ma come si può imitare l’Idea, ahimè). Sono invecchiato lì dentro. Di essa conosco tre o quattro cose meglio dei miei contemporanei - Manlio Sgalambro, Del pensare breve

Bastano queste poche frasi per dimostrare che la filosofia e la cultura in generale oramai è un mortuario fossile, non c’è altro che ossa e lenzuola che pretendono di essere sindone; neanche puzza non c’è più perché tutto è morto da tempo. Se c’era puzza almeno dava un segno di vita dall’attività dei batteri di decomposizione.

… è questa la disgrazia dell’ignoranza, quella di credere di essere belli, buoni, e saggi quando non lo si è. Colui che non è consapevole di essere privato di una cosa non desidera ciò di cui non pensa di avere bisogno - Platone, Simposio

Definizione esatta dell’uomo postmoderno, vuol dire dello stronzo odierno che basta a se stesso.

Tutto ciò che ho scritto, l’ho fatto nei momenti in cui era necessario che lo scrivessi, per liberarmi di qualcosa. Era un sollievo. … Tutto ciò che ho scritto, l’ho scritto veramente per necessità, per liberarmi da uno stato intollerabile. Ho fatto una specie di cura, di terapia. È la funzione essenziale, per me, della scrittura. Non si scrive per trasmettere qualcosa, ma unicamente per disfarsene - Emil Cioran, Ultimatum all’esistenza

Con altre parole arte è prodotto dalla depressione e malattia, in piena salute non si fa arte, in una società felice non esiste arte.
Secondo Cioran si scrive per disfarsene dal depressione, ma il lettore perché legge i disfarsenementi dell’autore, per farsene la depressione?