Qesh mirë kush qesh i fundit

Leggendo un articolo per lord Byron mi è sembrato che stavo leggendo per Baudelaire. Dopo un po’ ho pensato che gira e rigira il grande famoso intellettuale è un unico personaggio che inglutisce la sua noia e lo dà da mangiare agli grandi ignoranti che sono più annoiati di lui, i quali non si rendono conto della grandezza della propria noia come incoscienti sconosciuti.

Morale, divieti, precetti, regole, sanzioni eterne creano il senso di colpa e la sofferenza umana.

È il senso di colpa che crea il morale e non viceversa, cioè il senso di colpa lo avrai qualsiasi cosa fai, sia criminale sia santo, la differenza tra i lori sensi di colpa è solo quantitativa, il santo lo fa uscire fuori, il criminale lo scaccia. Mentre il senso di colpa del grande intellettuale si rivela in discorsi confusi senza capo ne coda e giochi di parole insensate.
Il senso di colpa lo crea la caduta, mentre il morale lo crea la consapevolezza del senso di colpa. Madre Teresa di Calcutta si sente un criminale, mentre il criminale si sente puro come un bambino appena nato, questo è l’assurdità del mondo caduto con senso di colpa, morale, immorale e il resto di discorsi e comportamenti confusi e contraddittori contro il morale, il bigottismo, il fondamentalismo, il Vaticano, come se il morale è nato con Il Vaticano e prima di lui erano pagàni immorali libertari sprofondai in lussuria.

Perché la memoria del male non riesce a cambiare l’umanità ? A che serve la memoria? - Primo Levi, Se questo è un uomo

Serve per fare domande intellettuali. Per esempio il grande intellettuale albanese domanda: “A che serve la memoria se non ricordiamo bene da dove siamo derivati, dai pelasgi o dagli indoeuropei?”.

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Ci sono un po’ troppi casi di geni che hanno prodotto opere geniali e allo stesso tempo hanno condotto una vita perversa e vigliacca per non concludere che c’è una relazione tra le due cose, quasi una regola, con il forte dubbio che sia una regola, visto che non si può sapere tutto, specialmente le porcherie che vengono nascoste. Di fatto, il dogma postmoderno secondo cui l’opera non si spiega con la vita dell’autore (tesi originale di Proust) è nato per giustificarsi e per salvare la faccia, sia a livello individuale sia a livello pubblico. Anche un sistema ha bisogno di giustificazioni e di dogmi, e lo stesso vale per qualsiasi sistema.

Gli unici sostituti di una esperienza che non abbiamo mai vissuto in prima persona sono l’arte e la letteratura - Aleksandr Solzenitsyn

L’arte e la letteratura sono sostituti surrogati di una esperienza vissuta in prima persona.

Ho cercato di leggere un altro libro di Massimo Cacciari tempo fa, non ricordo il titolo, ma ricordo bene che le frasi erano un aggroviglio babelico senza senso, parole in latino, greco antico, sumero, aramaico, tedesco ecc., e tra loro stavano termini in italiano “allora”, pero", “tuttavia” ecc. Ho letto un po’ di pagine, e poi mi son fermato dicendo: “ma io son scemo che continuo a leggere, chi mi fa fare?”. Dall’altra parte questa è la situazione postmoderna, che puoi fare? Solo parole a vanvera senza futuro e presente, riciclo noioso del passato. E non solo la filosofia, tutta la cultura, solo caricature si vedono in giro.

Ho memoria oscura, sempre più logora col passare degli anni, di ciò che mi ha condotto in questo luogo deserto che mi è diventato patria. Rammento una città sontuosa, edifici irti di pinnacoli, grovigli di strade sottili, subitanee piazze; su una di queste s’affaccia una casa illustre, sulle pareti della quale erano disegnati stemmi, motti, ora nella memoria, risibili e sinistri; giacché quel che ricordo è una folla che, di notte, gremiva la piazza davanti all’ingresso - un ingresso elaboratamente ornato da belve allegoriche, devotamente araldiche - e urlava la mia infamia.
(Giorgio Manganelli, La palude definitiva)

Proprio quintessenza dell’Italia metafisica, con differenza che la folla non urla all’infamia perché è indifferente, è occupata dalla memoria della gloria del passato, paralizzata nella palude definitiva.

Lo ha letto lei il romanzo?

No. Tempo fa leggevo tutto senza distinzione per piacere o meglio vizio, poi leggevo per dovere perché avevo un scopo da realizzare. Adesso sono molto selettivo per gli autori e perfino per i libri dello stesso autore. Autori depressi che ti deprimano non leggo, mi basta il mio manganello depresso, non ho bisogno per la depressione schizofrenica di Manganelli per ispirarmi.

Schopenhauer dice che l’amore è un inganno della natura a fini riproduttivi. Se questo è vero, allora è l’amicizia la forma di “amore” più compiuta, perché esclude secondi fini.

È Schopenhauer lui stesso la forma di amore più compiuta perché non aveva nessun amico, e per non essere ingannato dalla natura a fini riproduttivi, non aveva neanche moglie e figli, frequentava amore dei bordelli per escludere secondi fini.

Se non hai amici, nè moglie nè figli sei solo o sei libero?

Sei libero, però meno libero del barbone che dorme sotto il ponte.

Grazie ai social, girovagando qua e là foto, quadri antichi e moderni, mi son reso conto che il dadidietro della dona è un oggetto di culto religioso, è la parte più sacra del corpo della donna.

La qualità di un libro non si valuta sulla base del numero di copie vendute o del numero di traduzioni. Questi due parametri ubbidiscono a logiche non qualitative, bensì commerciali (marketing, battage pubblicitario ecc.).

In democrazia conta anche la quantità. Poi anche come valore in sé o metafisico o fuori tempo e spazio, la quantità e qualità sono valori complementari, il mondo ha struttura bipolare.

Mi spiace, ma questa non è una faccenda politica. E la letteratura non si valuta così. E’ letteratura anche Silone, sebbene venda molte meno copie dei manuali di astrologia, che se mi permette letteratura non sono.

Non è una faccenda politica ma fa parte del sistema che non è solo politico, è anche letterario, filosofico, scientifico, ideologico, industriale, elettorale ecc., dunque è una mentalità. Poi, nella seconda parte del commento, io ho cercato di spiegare l’essenza del questione fuori della politica e della cultura in generale, dunque fuori Silone e Dante.

In letteratura non decide affatto la maggioranza. Decide la storia, che comprende anche la critica, il tempo eccetera. Lei vuole attribuire a tutto la stessa identica logica meccanica (che esclude proprio quella profondità critica che proprio la letteratura implica ed esige). Per rimanere nel generale, non mi risulta che i prodotti più venduti siano i migliori, o, nel nostro caso, di migliore qualità. Come dimostrano anche i prodotti industriali che Lei cita. Non parliamo poi del caso della scienza, in cui sarebbe semplicemente folle affermare che le teorie più seguite (o più popolari) siano le più eccellenti.

Va bene, ma ragionamenti simili li conosco bene, oramai sono standard industriali in grande quantità prodotto dal grande officina moderna dei grandi intellettuali che fanno grandi opere per grandi epoche storiche che sono nel cervello dei grandi intellettuali che fanno la grande storia ecc., cioè il Regno di Quantità postmoderna. Nel frattempo, nel presente Van Gogh e Gesù regnano nel Regno di Qualità come morti di fame e crocefissi in solitudine totale.

Certe critiche ben scritte valgono non solo per leggere un libro, ma anche per non leggerlo.

Spinoza nel Trattato teologico-politico ritiene che la migliore forma di governo sia la democrazia, perché un potere diffuso è reso in qualche modo più trasparente.

In realtà succede proprio l’opposto, nella tirannia il potere è ben visibile, mentre nella democrazia si nasconde dietro una falsa visibilità.

Sul set di Donnie Brasco Al Pacino tormentava Johnny Depp con una barzelletta: “Uno scheletro entra in un bar e ordina una birra e uno straccio …”. Deep ha dichiarato che non riusciva a capire la barzelletta mentre Pacino impazziva dalle risate.

Ma come faceva Johnny Depp a non capire questa barzelletta, si capisce benissimo. E se lo racconti anche molti altri non lo capiscano, strano, è talmente semplice. Manca intelligenza.

Non è problema di intelligenza e stupidità, è un problema di troppa sensibilità per una situazione assurda che blocca l’intelletto. La stupidità può essere una protezione contro assurdità del mondo. Esempio “Idiota” di Dostoevskij.

La storia raccontata può essere vera ma abbellita per catturare l’attenzione ed esprimere un concetto che rimanga impresso. Ricordo un libro che raccontava “la vera storia italiana”. Descriveva una pagina della resistenza partigiana. Un contadino transitava in una strada di campagna quando ad un tratto un’esplosione a miglia distante aveva causato una scheggia che lo aveva colpito alla testa. Era un semplice contadino che stava come ogni giorno andando nei campi a lavorare, non sapeva niente di resistenza, partigiani o altro ma fu preso come simbolo del sacrificio dei martiri partigiani, morto per liberare la sua nazione. Nessuno spiegò né cosa facesse né dove stesse andando ma presero solo la sua morte come simbolo della resistenza. “Un martire per la libertà” fu scritto sulla sua tomba.

Proprio lui è martire della liberta, è completamente libero, è libero anche dalle spiegazioni e racconti.

Flaiano non ha mai detto “In Italia i fascisti si dividono in due il fascismo propriamente detto e l’antifascismo”. È un fake.

Non è un fake, nel senso è vero che non ha detto Flaiano, ma l’ha detto un suo amico. Flaiano scrive nel suo libro Satira è vita: “Appena un mese fa parlavo con Mino Maccari. Che si fa? Niente, si aspetta Godot? No, si aspetta la rivoluzione. Chi dovrebbe farla, i fascisti? I fascisti – gli ho ricordato – sono una trascurabile maggioranza. Maccari ha precisato: il fascismo si divide in due parti: il fascismo propriamente detto e l’antifascismo”.

Non ha nessun importanza è fake o non è fake, chi l’ha detto e chi non l’ha detto, davanti al fatto che è più che vero come concetto, ed ogni discussione intorno è futile ed intenzionata da chi si gratta dal prurito “anti”, vuol dire l’antifascista della domenica quando da 85 anni non ci sono più fascisti neanche lunedì. Poi non è facile avere un idea originale il quale si rivela ogni mille anni, dunque tutti rubano l’un l’altro e il vero autore è sempre anonimo.

Io sono aristocratico, Lei comunista. Entrambi odiamo il popolo. Solo che Lei riesce a mandarlo in Siberia - Ennio Flaiano, Frasario essenziale

Credo che Flaiano, come la maggior parte dei cittadini, parlasse confondendo il comunismo ovvero la filosofia marxista con il sovietismo, leggi stalinismo. Erano quelli gli anni della guerra fredda, della contrapposizione tra ovest ed est, dunque l’aforisma è azzeccatissimo tenendo conto della confusione dei termini. Confusione che regna ancora oggi.

La teoria filosofia si fa nei saloni davanti alle belle signorine e con i collegi filosofi aristocratici come in Italia, mentre la pratica filosofica (il praxis marxista) si fa in terreno, e non è stato praticato solo in terreno sovietico. Dovunque è praticato il marxismo sono creati il gulag, che sono stati peggiori dei gulag sovietici; in Cambogia hanno fatto scomparire un terzo della popolazione e quasi tutto la popolazione cittadina, salvato qualcuno per caso. E non per caso, perché in verità Marx ha teorizzato la pratica della dittatura del proletariato. Nel caso del Comune di Parigi teorizzato con rancore; Comune ha fallito perché non ha saputo praticare con rigore giusto la dittatura del proletariato. Come ho detto, in Italia il comunismo è concepito come interessante teoria del futuro felice nell’al di qua praticata nel cervello dei grandi intellettuali; una teoria che sostituiva contradicendo la teoria Vaticana cristiana del futuro felice nell’al di là, in più come teoria e pratica di liberazione sessuale negli organi genitali dei grandi intellettuali di qua e di là dove apparisse la possibilità della felicita sessuale nell’al di qua.
La confusione tra teoria marxista e pratica sovietica, argomentata che Marx non era sovietico (anzi lui ha detto che non era neanche marxista), è la stessa confusione tra Gesù teorico che ama tutti, anche Schlein, Antonio Gramsci e Mussolini, e la pratica cristiana della chiesa che proibisce adulterio, il preservativo e il divorzio, detta brevemente. Il Cristo non era cristiano come Marx non era marxista, mentre il popolo alla riscossa si diverte con le barzellette di Don Peppone e Don Camillo.

Il mio commento era diretto a nuora perché suocera intenda. Flaiano ovviamente allude alla concreta esperienza comunista del suo tempo. Invece c’è chi commenta la poesia assai tarda sul fascismo parlando di ogni totalitarismo. Invece Flaiano parlava proprio dell’ Italia è del suo rapporto con il fascismo. En passant di Flaiano si cita il famoso aforisma dei due tipi di fascisti. Sempre a scopo edulcorante. Però il nostro nell’ultima intervista a un periodico si era dichiarato antifascista, aggiungendo che l’intima avversione al fascismo, solo intima visto che non fu attivo nel campo, era nata in lui dall’esperienza della guerra di Etiopia dove sveva assistito muto alle nefandezze delle nostre truppe.

Non conosco bene Flaiano chi era veramente, e credo che non è facile a definire un intellettuale di dopo guerra per ragioni di clima indefinita del postguerra che coincide con il postmoderno, un guazzabuglio di idee passate senza capo ne coda. A me Flanino è simpatico per le sue aforismi, e lo considero una persona più responsabile dei suoi compagni di strada, i grandi intellettuali di dopoguerra, per esempio Felini con il quale ha collaborato e litigato. Flaiano non ha nessuna importanza come solo una persona in una clima generale di confusione, dunque è un confuso anche lui, e non con poche idee, ma con zero idee, perché orizzonte postmoderno non ha nessun nuova visione, è nebbioso. Per questa ragione i postmoderni (che corrisponde con postcristiani, postfascisti e post comunisti dopo anno 89) fanno tutti i comici e cinici in maniere diverse. Facendo comici dimostrano coprendo altra faccia della medaglia del tragico. Flaiano era tragico e con ragione, soffriva più degli altri per causa della sua figlia, e con una sofferenza pura, e credo per questa ragione era superiore agli altri, ma niente di più.

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Quando conti qualcosa come persona, più sei superiore e più nemici invidiosi avrai, e più solo sarai e soffrirai la solitudine. E se convinci i tuoi nemici e amici per la tua superiorità, sarai solo lo stesso perché butterano sopra di te tutta la responsabilità di fare le cose.

C’era uno grande intellettuale che odiava l’odore delle case dei vecchi in citta, e per non averla sotto il naso l’odore del marcio escrementizio, vagabondava fuori città in natura. Una volta stava camminando in un sentiero solitario in montagna e li viene di fare i bisogni fisiologici (anche i grandi intellettuali escrementono). Se ne è andato dietro agli cespugli per scaricarsi, e calando in giù i pantaloni e mutande, inginocchio liberando le budella rosso in viso dallo sforzo. Ha sentito una forte puzza di merda, e ha chiesto con voce alta, anche se non c’era nessuno intorno: “Chi l’ha fatta?”.