Chi vive nel nostro tempo è vittima di nevrosi. Per vivere bene non bisogna essere contemporanei,
Diario degli errori, Enzo Flaiano
La nostra (per certi versi dal dopoguerra in poi, almeno in Italia) è senz’altro un’epoca di nevrosi. Non so quanto sia vero in altre parti del mondo.
Dal dopoguerra in poi è un’epoca di nevrosi mondiale (non solo in Italia), visto che la Seconda Guerra era mondiale. Da crollo del Muro di Berlino in poi è un’epoca di psicosi. Mentre dopo Covid ancora non si e trovato il nome giusto perché i psicotici ancora non si rendono conto che durante Covid è stata una guerra mondiale senza paragone nella storia.
Non c’è dubbio che alcuni avvenimenti, come il crollo del muro di Berlino ed il COVID, che tu citi, abbiano lasciato un segno importante nella società e nella mente di molte persone, ma credo che nulla abbia avuto un impatto paragonabile allo sviluppo industriale ed economico del secondo dopoguerra. Ovviamente, questa cosa ha senso solo se parliamo del mondo occidentale.
Le nazioni sono egoisti e egocentrici come le persone, pensano che è più importante quel che hanno sofferto loro, Europa non sa un tubo del socialismo reale, della Russia e Cina, sa solo cosa ha detto Marx e Antonio Gramsci. Ancor di più non sa un tubo Italia che è un paese con passato glorioso. E quando un paese o una persona ha solo un passato glorioso, nel presente si trasforma in paese campanilista, e quando insiste nel suo passato che sempre si allontana di più e per conseguenza si glorifica di più, finisce a quel paese.
Ma dopo la Prima Guerra Mondiale in poi che epoca è?
Epoca di melancolia mondiale per il passato che non torna più, niente è come prima.
Nous entrons dans l’avenir à reculons - Paul Valéry
Noi civiltà ora sappiamo di essere mortali.
Avevamo sentito parlare di interi mondi che scomparivano, di imperi affondati con tutti i loro uomini e tutte le loro macchine; scesero nelle profondità inesplorabili dei secoli con i loro dei e le loro leggi, le loro accademie e le loro scienze pure e applicate, con le loro grammatiche, i loro dizionari, i loro classici, i loro romantici e i loro simbolisti, i loro critici e le loro critiche dei loro critici. Sapevamo bene che tutta la terra visibile è fatta di cenere, che la cenere significa qualcosa. Abbiamo visto attraverso lo spessore della storia, i fantasmi di immense navi cariche di ricchezza e di spirito. Non siamo riusciti a contarli. Ma questi naufragi, in fondo, non erano i nostri naufragi.
Elam, Ninive, Babilonia erano nomi bellissimi e vaghi, e la rovina totale di questi mondi aveva per noi poco significato quanto la loro stessa esistenza. Ma Francia, Inghilterra, Russia… anche questi sarebbero nomi bellissimi. Anche Lusitania è un bel nome. E ora vediamo che il baratro della storia è abbastanza grande per tutti. Sentiamo che una civiltà ha la stessa fragilità di una vita. Le circostanze che porterebbero le opere di Keats e quelle di Baudelaire a unirsi alle opere di Menandro non sono più affatto inconcepibili: sono sui giornali.
(Paul Valéry, Lettera, aprile 1919)